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Dopo 12 giorni di cammino verso Oriente, seguendo quella stella stranamente così luminosa, i tre Re Magi arrivarono il tredicesimo giorno davanti alla capanna.

Il 13 è un numero significativo, un numero di rottura con la consuetudine. Dodici sono i mesi che scandiscono l’anno, le stagioni e il mondo agricolo, ma il tredici è quel numero in più, quell'imprevisto che può sconvolgere in bene o in male la vita.

A Genova abbiamo una straordinaria rappresentazione in marmo dell’arrivo dei Magi alla capanna di Gesù Bambino, in pieno centro storico, in quella via degli Orefici dove appunto un tempo lavoravano gli artigiani dell’oro.

Sulla facciata di una casa, a contornare ormai solo l’ingresso di un negozio, si trova questo sovrapporta in marmo preziosissimo e antico: risale al 1457 o 1460 (le fonti non sono concordi sulla data) ed è opera di “marmorari” lombardi famosissimi al loro tempo, i fratelli Gaggini.

Sin dal XII secoli maestri scultori e architetti lombardi erano scesi dalle valli del comasco a progettare e scolpire con la loro maestria e conoscenza in tutta la Liguria. Lavorarono alla cattedrale di San Lorenzo, a Porta Soprana e nelle vie del centro storico e forse questo bassorilievo è la loro opera meglio riuscita.

Soffermiamoci su alcuni dei tantissimi particolari che rendono prezioso e unico questo bassorilievo.

I Re Magi sono arrivati davanti alla Santa Famiglia e uno di loro, probabilmente Melchiorre, già ha consegnato il proprio dono, l’oro, che Giuseppe, seduto davanti alla capanna tiene tra le mani. Nella capanna alle sue spalle il bue e l’asinello si godono il loro pasto.

Davanti ai tre Re, Maria mostra il Bambino, e alle spalle di Melchiorre inginocchiano gli altri due Re aspettano il proprio turno, coi loro doni in mano. Uno di loro, stupito, protende un braccio a indicare qualcosa in alto; alziamo lo sguardo anche noi e notiamo l’angelo con un cartiglio, e poco più su la stella, luminosissima, che si staglia nel cielo.

Dietro la capanna si scorge una collinetta, da cui scendono le greggi.

Un pastorello sembra fischiare per richiamare le pecore e accanto a lui dorme sereno un cane. Poco distante un giovane suona un piffero o zampogna. Un’immagine tipica dei presepi, quella dello zampognaro. I pastori erano soliti suonare le zampogne durante la transumanza, ma in questo caso il giovane col piffero diventa il logo dei fratelli Gaggini, dato che ricorre in tutti i bassorilievi che scolpirono in città. Lo si ritrova, per esempio, nel sovrapporta con “San Giorgio e il drago” di Piazza San Matteo.

In basso a destra, dietro ai Magi, si vede il corteo di cavalieri che arrivano da lontano, con le loro vesti eleganti e i copricapi bizzarri, a onorare il Bambino.

Alcuni ragazzini si occupano dei cavalli; in particolare, nell'angolo destro, un cavallo si abbevera a un fiume, simbolo dell’imperturbabile scorrere della vita.

Torniamo con lo sguardo nella parte alta del sovrapporta.

In un boschetto rigoglioso, forse di alberi sempreverdi simbolo di eternità, un taglialegna è al lavoro, e mentre un ramo si stacca e cade al suolo, un coniglio (o un leprotto) fugge via.

Il coniglio e la lepre sono icone di dualità: la lepre cambia il colore del manto a seconda delle stagioni ed è così simbolo delle due nature del Cristo, quella umana e quella divina.

Inoltre il coniglio è un rimando alla Pasqua: nasce in primavera ed è animale prolifico, che genera in continuo nuova vita, così come Gesù rinasce a nuova vita proprio in primavera, a Pasqua.

 

Il coniglio che fugge dal bosco diventa così un’anticipazione della Passione e della Resurrezione del Cristo.

La prossima volta che passate in Via Orefici, fermatevi e prendetevi il tempo di ammirare questa incredibile opera d’arte!