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Questa è una storia che chi ha seguito le nostre visite guidate dedicate a Fabrizio de Andrè conosce bene.
9 aprile 1970, la nave inglese London Valour naufraga davanti al porto di Genova.
Era in rada da due giorni e si decise di cominciare a smontare i propulsori, per poterli poi revisionare una volta entrata in porto.
Il comandante probabilmente sottostimò il pericolo del Mar Mediterraneo e autorizzò questa operazione che si rivelò fatale quando peggiorò il tempo.
Infatti, improvvisamente sulla città si alzò una delle libecciate spaventose, a cui noi liguri siamo abituati.
La nave, senza i motori, non fu in grado di manovrare, e dopo poco l'ancora perse presa sul fondo del mare e la nave andò alla deriva. Si trovava proprio all'imbocco del porto e se avesse avuto i motori in funzione sicuramente avrebbe potuto raggiungere i moli.
E invece si schiantò sulla diga foranea.
Intanto, rimorchiatori del porto di Genova e altre imbarcazione, e un elicottero, si lanciarono all'aiuto dei naufraghi, e ne salvarono molti tra i flutti.
Venne tesa una fune tra la nave alla deriva e il molo, che funzionasse da teleferica, ma dopo poco si spezzò. E morì anche la moglie del comandante, che fu lanciata dalla furia della tempesta contro gli scogli della diga foranea.

Alla fine i morti furono 22, e la vicenda è rimasta impressa nella mente dei genovesi.
Fabrizio De Andrè dedica una canzone, a questa vicenda, pubblicata nel 1978: "Il naufragio della London Valour".
Faber dà un resoconto da brividi di tutta la vicenda, e qui sotto trovate il testo della sua canzone.
I marinai foglie di coca
Digeriscono in coperta
Il capitano ha un amore al collo
Venuto apposta dall'Inghilterra
Il pasticcere di via Roma
Sta scendendo le scale
Ogni dozzina di gradini
Trova una mano da pestare
Ha una frusta giocattolo
Sotto l'abito da tè
E la radio di bordo
È una sfera di cristallo
Dice che il vento si farà lupo
Il mare si farà sciacallo
Il paralitico tiene in tasca
Un uccellino blu cobalto
Ride con gli occhi al circo Togni
Quando l'acrobata sbaglia il salto
E le ancore hanno perduto
La scommessa e gli artigli
I marinai uova di gabbiano
Piovono sugli scogli
Il poeta metodista
Ha spine di rosa nelle zampe
Per far pace con gli applausi
Per sentirsi più distante
La sua stella si è oscurata
Da quando ha vinto la gara
Di sollevamento pesi
E con uno schiocco di lingua
Parte il cavo dalla riva
Ruba l'amore del capitano
Attorcigliandole la vita
Il macellaio mani di seta
Si è dato un nome da battaglia
Tiene fasciate dentro il frigo
Nove mascelle antiguerriglia
Ha un grembiule antiproiettile
Tra il giornale e il gilè
E il pasticciere e il poeta
E il paralitico e la sua coperta
Si ritrovarono sul molo
Con sorrisi da cruciverba
A sorseggiarsi il capitano
Che si sparava negli occhi
E il pomeriggio a dimenticarlo
Con le sue pipe e i suoi scacchi
E si fiutarono compatti
Nei sottintesi e nelle azioni
Contro ogni sorta di naufragi
E di altre rivoluzioni
E il macellaio mani di seta
Distribuì le munizioni