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 crêuza

 

Una delle caratteristiche della città di Genova sono sicuramente le crêuze.

Sono intrinsecamente legate alla città, a tal punto da essere, a volte, nate prima della città stessa. Incredibile, vero? Incredibile soprattutto che in buona parte siano arrivate, più o meno integre, fino ai giorni nostri.

E’ normale che i centri abitati, grandi o piccoli che siano, si sviluppino vicino a vie di comunicazione, che siano queste fiumi, valli, passi montani oppure, qui da noi, le crêuze. Che poi sono proprio dei piccoli passi montani, nate per collegare il bacino portuale di Genova con l’entroterra, per trasportare le merci dal mare alla pianura padana, e viceversa naturalmente.

Il primo porto di Genova si trovava molto più a levante rispetto a quello odierno: era più o meno dove oggi si trova il Porto Antico (giustappunto), e più precisamente nella zona del Mandraccio.

Lì, lungo la costa, si sviluppava il primo sistema viario, un dedalo di vie e di “vichi, contrazione di vicoli. Erano un brulicare di vita: il viavai di marinari, mercanti, cambiavalute e artigiani e i mille odori e rumori di un porto attivissimo.

Dal Cinquecento a Genova si svilupparono anche delle “Strade”, delle vie larghe quanto basta per far passare una carrozza, mezzo di locomozione fino ad allora sconosciuto ai Genovesi e introdotto a Genova solo quando questa divenne ricchissima città di banchieri, che facevano lo struscio in carrozza tra Piazza Fontane Marose e Via Balbi, dove erano concentrate le Strade, appunto, dei nuovi ricchi, con le loro fastose dimore.

Ma torniamo alle vie e ai vicoli.

Quando arrivava una nave in porto, una galea, c’era un grande affaccendarsi a scaricare le merci, a pagare i dazi, a controllare la qualità, i pesi, le misure… e infine arrivavano loro, i mulattieri.

Fino all’Ottocento questa rimase la professione più diffusa a Genova dopo quella dei marinai. Le merci venivano collocate in sacchi e sporte e si “someggiava” il mulo: si caricavano le merci sul mulo stando ben attenti a bilanciarne il peso.

E poi via, verso le colline, verso i valichi degli Appennini e infine la pianura e il resto d’Europa. Lungo e faticosissimo viaggio, e ben lontano dai ritmi frenetici a cui siamo abituati noi oggi.

Mulattieri e muli prendevano le vie che salivano dal mare verso le colline, quelle che noi oggi chiamiamo crêuze. Allora però queste venivano indicate semplicemente come “montate”: strade ripide per montare in collina.


Il termine crêuza nasce nell’Ottocento, quando vengono costruite le grandi strade carrabili che
collegano il centro di Genova con le colline, la Circonvallazione a Monte e i nuovi quartieri residenziali: Via Assarotti e Via Caffaro ne sono due ottimi esempi.

Allora alle montate viene cambiato il nome: diventano “salite”, nome che mantengono tuttora. Nome molto anonimo, in effetti… In genovese si preferì chiamarle “crêuze”, dal francese creux: concavo, protetto.

Già perché le crêuze si trovano sempre tra alti muri, protette contro i venti.

Sono inconfondibili per molteplici aspetti, oltre al fatto di essere erte. Sono sempre in mattoni, almeno là dove nel tempo i mattoni non sono stati sciaguratamente sostituiti dal cemento per veloci ristrutturazioni. E per questo a volte vengon ochiamate mattonate.

Solitamente le parti in mattoni sono intervallate da parte a risseu, termine ligure che indica gli acciottolati: i selciati in mattoni servivano per salire o scendere lungo le crêuze coi muli, le parti in ciottoli per dividere un senso di marcia dall’altro. Immaginiamoci gli acciottolati come delle righe di mezzeria.

E spesso lungo le crêuze si trovavano degli slarghi, che servivano a dare il passo quando una carovana di muli ne incontrava una in direzione opposta.

Lì ora noi sediamo sulle panchine ad ammirare il panorama!